In Sicilia summit per la pace in Libia dove si combatte non stop

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L’aeroporto dii Tripoli

di Salvo Barbagallo

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Apprendiamo dalla AdnKronos in merito al rientro dell’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, che ci sono “Preoccupazioni sulla sua sicurezza e incolumità personale e di quelli che lavorano con lui consigliano in questa fase di restare in Italia”. L’AdnKronos riporta quanto riferito dal ministro degli Esteri Enzo Moavero in un’audizione davanti alle commissioni Esteri di Camera e Senato. Il ministro ha ricostruito che “a seguito di un’intervista a una televisione che l’ambasciatore aveva deciso autonomamente di dare in lingua araba sono sorti quelli che se fossimo in un contesto italiano definiremmo malintesi. Essendo purtroppo il contesto libico molto più difficile, questi malintesi provocano molto velocemente emozioni molto più forti di quelli che si manifesterebbero nel nostro contesto, ci sono stati manifestazioni di piazza, prese di posizione forti“. Il quotidiano La Stampa a sua volta definisce “Un giallo il rientro in Italia dell’ambasciatore italiano” e Francesco Semprini nel suo reportage sostiene che “in Libia la situazione è fluida”. Nel nostro giornale alcuni giorni addietro ponevamo il dubbio che a Tripoli la situazione potesse essere fuori controllo e che potesse esserci qualcuno che alimentasse il caos in Libia.

In realtà non si è mai avuta la tregua stabilita, grazie a un “Joint Statement” concordato fra Italia, Francia Regno Unito e Stati Uniti e le parti in causa libiche in sede di missione ONU, non si è mai avuto l’auspicato e concordato “cessate il fuoco” dopo nove giorni di combattimenti alla periferia di Tripoli, a seguito degli attacchi portati avanti da Brigate ribelli contro il Governo d Fayez al Sarraj, combattimenti che hanno provocato oltre sessanta vittime (fra le quali donne e bambini) e centinaia di feriti. Gli scontri a Tripoli sono continuati, a farne le spese i civili che cadono sotto i colpi mortali delle opposte fazioni. I razzi diretti alle installazioni dell’aeroporto hanno raggiunto i loro obbiettivi.

Umberto De Giovannangeli su Il Corriere della Sera preannuncia la caduta del governo di Fayez al Serraj (riconosciuto e sorretto dall’Onu e dall’Italia): Il conto alla rovescia è ormai iniziato. E quei razzi sparati contro l’aeroporto di Tripoli ne sono l’esplosiva avvisaglia. Nonostante il diritto interessato lo neghi decisamente, le voci sulle sue probabili dimissioni si rincorrono a Tripoli e ancor più a Bengasi. La questione all’ordine del giorno non è “se” ma “quando” e in quale contesto di reciproche garanzie, Fayez al-Sarraj uscirà di scena (…) Il futuro della Libia, compreso il restare un unico Stato-nazione, dipende, e molto dagli attori esterni, regionali e globali – dall’Egitto agli Emirati Arabi Uniti, dalla Turchia alla Russia, dall’Italia alla Francia – ognuno dei quali intende giocare un ruolo di primo piano quando si darà vita ad una sorta di “Jalta libica”. (…).

E l’Italia come si sta preparando ad affrontare la “nuova” situazione? Lo ha spiegato lo stesso ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi: L’Italia vuole organizzare in Sicilia “simbolicamente” la Conferenza sulla Libia per la prima metà di novembre “in una terra che vuole simboleggiare la mano tesa al di là del Mediterraneo. Saranno presenti i diversi soggetti dello scenario libico, ma anche i Paesi europei, i paesi vicini, l’Ue, l’Ua, la Lega araba, L’Onu. La data di novembre si situa a monte di quel mese di dicembre identificato come mese delle elezioni che si devono tenere nei tempi e modalità decise dai libici…

Un po’ di ottimismo di certo è necessario, in una situazione/condizione che già può considerarsi fuori controllo: quanti altri eventi nefasti possono verificarsi in Libia da oggi a novembre, mese prescelto” per il summit “Siciliano”? Enzo Moavero Milanesi definisce la Sicilia una terra che vuole simboleggiare la mano tesa al di là del Mediterraneo (intanto un “grazie” a Moavero perché si ricorda che esiste la Sicilia! È già tanto!), ma il ministro degli Esteri italiano non ricorda però che proprio dalla Sicilia (da Sigonella) decollano notte e giorno verso la Libia i droni Predator e Reaper (di marca USA) che di certo non possono considerarsi strumenti di pace e mano tesa al di là del Mediterraneo. Tranne che il ministro non abbia ipotizzato (grande punto interrogativo ed emblematico) di organizzare un giro turistico/istruttivo proprio a Sigonella per i “vari soggetti dello scenario libico” che saranno presenti al summit, affinché si rendano conto direttamente dei rischi che corrono, vedendo quali mezzi bellici USA sono dislocati a due passi dalla loro casa…

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